Da via Settetermini, la vista del parco si apre con una palazzina nuova costruita sulla sinistra e palazzine vecchie sulla destra. Nel mezzo, poco più dentro, un’altra palazzina nuova, la seconda delle due che fa parte del famoso contratto di quartiere. Quest’ultimo è divenuto “famoso” alle cronache per le lungaggini amministrative che si protraggono da 16 anni.

Da quanto si legge sul sito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ma volendo anche dalla stampa nazionale e locale, il bando del primo contratto di quartiere che ha riguardato il Penniniello risale al 1998. Il successivo Decreto Ministeriale 147 del 2005 stanziò per la regione Campania la cifra considerevole di quasi 100 milioni di euro, di cui 10 a Torre Annunziata per la riqualificazione del quartiere Penniniello dove, si legge sul bando, “si registrano punte massime di degrado sia di ordine fisico che economico-sociale”. Secondo la descrizione allegata alla graduatoria del 2005 del MIT, l’intervento coinvolge “i comparti 3 e 4 situati nell’area meridionale del quartiere costituiti ciascuno da 5 distinti fabbricati. Per tutti gli organismi edilizi sono previste lavorazioni rispondenti ai principi basilari della sostenibilità ambientale. Per sette di essi, in particolare, saranno eseguiti interventi di recupero primario e secondario, su due dei quali saranno posti impianti di riciclaggio delle acque e impianti di produzione acqua calda attraverso pannelli solari”.


Parco Penniniello – Venerdì 13 giugno 2014

Si respira nell’aria una situazione di abbandono e di degrado. Sembra quasi che qualche entità stia provando quanto tempo riusciranno a resistere le persone a determinate condizioni: rifiuti, animali di ogni tipo, malavita.
Alcune foto, scattate quasi a caso per il quartiere, non rendono l’idea della sensazione che si prova a visitarlo. Figuriamoci a viverlo. Le persone che si incontrano, con le loro storie, si intrecciano in modo indissolubile con la vita all’interno del quartiere.
“Prima c’era una vasca per la depurazione delle acque - dice il signor Antonio- Da quando è andata in disuso è divenuta una discarica a cielo aperto, ma la cosa paradossale è che è meglio oggi che prima. Quando ancora svolgeva la sua funzione, era tenuta così male che passare vicino o, come me, viverci a pochi passi, significava essere preda di animali di ogni tipo, dalle zanzare, agli scarafaggi, ai topi. Non che oggi non ci siano”.

In quelle che furono progettate come aiuole ci si trova di tutto. Da quando la società per l’igiene urbana ha iniziato a tagliare l’erba che superava tranquillamente il metro, sono emersi tutti i tipi di rifiuti. C’è una Vespa a cui mancano le ruote, un frigorifero, decine di copertoni per auto e camion, sacchi di rifiuti e molto altro che giacciono tranquillamente per terra, insieme con l’erba tagliata ed essiccata al sole di questi giorni.



“Dopo che ho terminato i lavori in casa – continua Antonio – mi sono stranamente ammalato. E ancor più stranamente, come me, si sono ammalate decine di persone, molte delle quali sono morte. Pensate che c’è Piero a cui l’anno scorso è morta la moglie e adesso lui si ritrova in fin di vita, per un male incurabile”.
Tante morti assurde che avvengono all’interno del Parco, alcune che fanno clamore, come quelle della camorra, altre che passano in silenzio, come quelle delle decine di persone morte per tumore.

“Questa aiuola –dice Bruno – la curiamo noi. Oltre alle alte tasse comunali che già paghiamo, ci facciamo carico periodicamente di chiamare una ditta che viene a pulire”. Bruno ha quasi 70 anni, vive insieme con la moglie in una casa resa abitabile, nonostante il palazzo sia fatiscente. Portoni inesistenti ed infiltrazioni di acqua in ogni angolo della casa. “La sera – continua - quando andiamo a dormire, mettiamo il baygon sul comodino, altrimenti diviene impossibile andare in bagno la notte”. Intende la famosa soluzione spray per gli scarafaggi che di notte popolano casa ed entrano, attraverso le pareti, dalle crepe per l’umidità aperte in casa.



Nei pressi di un palazzo si scorge un camioncino di una ditta specializzata in riparazioni di impianti fognari, mandati dal comune per risolvere alcuni problemi nelle fondamenta dei palazzi fatiscenti. Con la tuta e la maschera antigas, dopo aver aperto un varco nel muro, scendono sotto il palazzo da dove esce un odore nauseabondo. Giovani ragazzi impegnati a risolvere problemi di perdite degli impianti fognari in condizioni assurde. “Sotto c’è un metro e mezzo di liquami – racconta uno dei due – che dobbiamo aspirare, facendo attenzione ai grandi ratti che popolano questi ambienti. Ultimato questo lavoro, ripareremo i tubi che perdono”.



È un lungo grido di disperazione misto a rassegnazione. Molti giovani sono già andati via, scappando da una situazione di degrado, alla ricerca di una speranza di vita migliore.


Raffaele Perrotta