“Bisogna proteggere la filiera bufalina e il comparto caseario da episodi di criminalità. È un mercato che fattura centinaia di milioni di euro all'anno e occupa migliaia di lavoratori”.

A dirlo è l'ex consigliera comunale di Sant'Antonio Abate e leader del gruppo “Oltre”, Donatella Donadio, in merito alla vicenda della mozzarella di bufala adulterata che ha messo nei guai i titolari di un caseificio di Santa Maria la Carità.

“L'inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere dell'altro giorno – aggiunge – dev'essere un campanello d'allarme per le Istituzioni: non si può abbassare la guardia. Il rischio di “strumentalizzare” un intero settore commerciale è altissimo. E questo vale anche e soprattutto nel comprensorio dei Monti Lattari dove il caseario è tradizionalmente radicato”.

Le indagini, condotte dalla Guardia di Finanza con l’ausilio dell’Azienda Sanitaria Locale, hanno infatti consentito di disvelare un vero e proprio sistema criminoso finalizzato all’adulterazione di prodotti lattiero-caseari e alla contraffazione della denominazione di origine delle mozzarelle di bufala campana attraverso l’uso nel ciclo produttivo di un additivo non autorizzato, nonché il mancato rispetto dei vigenti protocolli sanitari a tutela dei consumatori e delle indicazioni tecniche del disciplinare del consorzio di tutela del marchio D.O.P. della mozzarella di bufala campana.

Dagli approfondimenti investigativi, è infatti emerso che i soggetti coinvolti commercializzavano mozzarella di bufala con marchio “D.O.P.” contraffatto, in quanto prodotta con l’aggiunta di latte vaccino; adulteravano sistematicamente il latte usato per la produzione, con l’intento di mascherare il processo di invecchiamento ed acidificazione, aggiungendo alla materia prima dell’idrossido di sodio (soda caustica, ndr), prodotto potenzialmente dannoso per la salute pubblica; ponevano dolosamente in commercio prodotti caseari realizzati con il latte così adulterato; in talune occasioni avevano acquistato ed immesso nel processo di produzione dei latticini, anche latte proveniente da allevamenti non indenni da TBC (tubercolosi) senza l’avvenuta adozione delle cautele imposte dal protocollo sanitario normativamente previsto.

“La Regione Campania e il Consorzio per la tutela della mozzarella dop – conclude la Donadio – valutino l'eventualità di costituirsi parte civile nel processo che potrebbe scaturirne. Sarebbe un segnale di fiducia per i consumatori e i produttori sani”.

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mozzarella adulterata