Divulgazione archeologica e indagine scientifica, i due punti su cui ha inteso porre l’attenzione la prima edizione del Premio Internazionale Amedeo Maiuri a Pompei. Il primo riconoscimento alla carriera, nel segno dell’illustre archeologo Direttore della Soprintendenza Archeologica di Pompei nella metà dello scorso secolo, promosso dall’Amministrazione Comunale di Pompei, è stato consegnato al Professor Mario Torelli che nella sua lunga carriera si è ampiamente distinto nel settore archeologico in Italia e all’estero.

Il passato e il presente dell’archeologia si sono riuniti nel conferimento del premio intitolato ad Amedeo Maiuri e magistralmente raccontati ed impersonate dal Prof. Torelli, accademico dei Lincei, archeologo classico ed esimio etruscologo, professore emerito presso l’Università di Perugia dove ha insegnato per anni, da pochi anni insignito di un prestigiosissimo premio per l’archeologia, il Balzan.

Si è riunita a Pompei, sul filo rosso di Don Amedeo, una generazione di archeologi che ha sperimentato ed aperto al mondo i primi mirabolanti risultati di campagne di scavo e di indagine archeologica che hanno segnato la storia della disciplina fino ad oggi. Presenti al premio il Soprintendente Massimo Osanna, allievo di Torelli, che ha sottolineato come l’accademico perugino rappresenti oggi una generazione che ha dato l’impronta all’archeologia attuale. È stata consegnata al Prof. Torelli anche la cittadinanza onoraria di Pompei dal Sindaco di Pompei Nando Uliano che ha sottolineato durante la cerimonia, la fondamentale necessità di una unione tra le istituzioni presenti a Pompei, Santuario, Soprintendenza e Comune così come in maniera lungimirante guardava Maiuri nel tentativo di rinsaldare il legame tra scavi e città.

Mario Torelli, epigono della tradizione italiana legata al mondo classico, nel suo discorso di ringraziamento ha menzionato “il processo di rimozione che sta effettuando la civiltà occidentale nei confronti della cultura classica, sperando che i miei personali studi di antichistica servano a portare avanti una tradizione che ha visto in Amedeo Maiuri uno dei grandi protagonisti. Maiuri ha scritto di epigrafia, di storia, di topografia, io ho cercato di fare la stessa cosa superando le barriere disciplinari. Maiuri apparteneva ad una tradizione che è quella dell’umanesimo definita da Gramsci ‘la piccola borghesia umanistica meridionale’ che faceva si che chi svolgeva una professione riusciva al tempo stesso di occuparsi di tanti altri aspetti. Questa tradizione ha avuto in Maiuri il canto del cigno più alto”.

A fare da corollario alla manifestazione una mostra fotografica e documentaria dal titolo “Amedeo Maiuri, da Rodi a Pompei: una vita per l’archeologia” curata dal Prof. Umberto Pappalardo e dal direttore artistico del Premio Laura Del Verme, allestita nei locali del costituendo museo temporaneo di Impresa a Palazzo De Fusco, in cui sono esposti documenti appartenenti al Fondo Maiuri.


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