Per l’accusa, seguì il Napoli in Spagna, a Barcellona. Il fatto però non costituisce reato. E’ la storia di Vittorio Menzione, 31 anni, storico capo ultrà della Turris, finito nei guai perché si trovava a Barcellona, nonostante un DASPO sulle spalle, in concomitanza con una partita amichevole del Napoli in Spagna, valevole per il Trofeo Gamper, il 22 agosto 2011.

LA STORIA. Già gravato da un precedente DASPO del 2002, emesso dal questore di Chieti, Vittorio Menzione 8 anni dopo per l’accusa lanciò un fumogeno acceso nel corridoio tra gli spalti ed il terreno di gioco dello stadio “Liguori” di Torre del Greco: era l’8 dicembre 2010 e in campo si giocava Turris-Acireale, gara allora considerata ad alto rischio dall’Osservatorio per la sicurezza sulle manifestazioni sportive. Per questo il 30enne ultrà corallino fu di nuovo daspato: per 5 anni, con obbligo di presentarsi in polizia ad ogni incontro anche amichevole. Anche del Napoli.

Difeso dagli avvocati Giuseppe Milazzo e Marco Bernardo, il 31enne ultrà corallino ha provato a dimostrare la sua innocenza a processo: “Era in vacanza fuori Regione. Per questo non poteva presentarsi in polizia” – la tesi sostenuta in aula dal legale di Menzione.

Una tesi che ha vinto perché è arrivato il dispositivo di assoluzione, depositato l’8 febbraio 2017 al Tribunale di Torre Annunziata: assolto perché il fatto non costituisce reato, in forza delle argomentazioni addotte dai difensori, in particolare perché “gli stessi riuscivano a sottolineare il principio mutuato dalla Suprema Corte di Cassazione della determinabilità dell'incontro calcistico, oltreché la circostanza che il diffidato fosse un supporter dedito soltanto alla squadra di Torre del Greco e non anche del Napoli, ben potendo non sapere che i partenopei quel giorno fossero impegnati in una partita amichevole non ufficiale con una squadra spagnola”.

Per Vittorio Menzione un sospiro di sollievo, in quanto egli, già gravato da altre sentenze e “vecchie” diffide, ha evitato così una nuova condanna per un reato (art.6 L.401/89) la cui pena va da 1 a 3 anni di reclusione.


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