Ben 14mila fucili d’assalto, elicotteri e missili anticarro dell’ex Unione Sovietica: sarebbero questi gli ulteriori dettagli, inquietanti, che hanno portato all’arresto di Mario Di Leva, detto “Jaafar” dopo la conversione all’Islam, e di Anna Maria Fontana, nella mattinata di martedì 31 gennaio a San Giorgio a Cremano, assieme a quello di Andrea Pardi, amministratore delegato della Società Italiana Elicotteri.

Nello specifico, il provvedimento parla di esportazione in Iran di pezzi di ricambio di elicotteri per la somma di oltre 750mila euro, attraverso una società panamense: sarebbe un'altra accusa contestata ai coniugi.

Tra gli elementi in possesso dei magiastrati, sarebbe stata trovata una e-mail indirizzata a un iraniano con il quale sta in trattativa per una fornitura di elicotteri, Mario Di Leva. Egli precisa di essere musulmano e di aver assunto il nome di Jaafar, in onore del sesto Imam.

Nel corso delle perquisizioni nelle abitazioni di Mario Di Leva e dalla moglie Annamaria Fontana, a San Giorgio a Cremano e a Pescasseroli sono stati rinvenuti documenti e supporti informatici ''che confermano pienamente l'attività di commercio d'armamento e 'dual use' con paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, con particolare riferimento all'Iran e alla Libia'', scrivono i magistrati. In una mail lo stesso Di Leva spiega di utilizzare la società panamense Mallory Airline in quanto ''trattandosi di una società costituita in uno stato che non aderisce ad alcuna forma di embargo nei confronti dell'Iran, può esportare aerei e pezzi di ricambio presso quel paese e si presta, quindi, per essere utilizzata per l'effettuazione di triangolazioni commerciali al fine di eludere i divieti internazionali''.

Nella vicenda risulta indagato anche il figlio, Luca Di Leva, che avrebbe messo a disposizione un conto corrente sul quale fu versato una acconto di 100 mila euro (episodio risalente al 2011). Trattative commerciali per l'introduzione in Iran di materiali per la produzione di munizioni. E' l'ultimo capo di imputazione contenuto nel decreto di fermo della Dda di Napoli. Un affare, questo, che non sarebbe andato in porto per ''cause indipendenti'' dalla volontà degli indagati. Gli inquirenti sottolineano che sia la Libia sia l'Iran sono Stati sottoposti a embargo internazionale su decisione del Consiglio dell'Unione Europea. 


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