Crollo di Rampa Nunziante, la difesa di Lafranco chiede l’acquisizione di nuovi elementi d’indagine. E’ quanto emerge dall’udienza preliminare a carico dell’avvocato, imputato nel processo sul crollo della palazzina del 7 luglio 2017. Nel pomeriggio il Gip Maria Concetta Criscuolo si esprimerà sulla vicenda.

Nell'udienza è intervenuta il Pm Andreana Ambrosino, ribadendo che “Lafranco non poteva non sapere dei lavori alla palazzina crollata”, chiedendo il rinvio a giudizio per l'imputato. “Agli atti c’era solo un preliminare, ma in sostanza il proprietario dell’immobile anche se era intestato alla moglie Rosanna Vitiello, era Massimo Lafranco” afferma il pm. “Le chat di gruppo, sia quella con tutti i proprietari, sia quella solo con Cuomo, Manzo e Cuccurullo, dimostrano che Lafranco era a conoscenza di ogni aspetto riguardante il palazzo”.

La difesa, sostenuta dall’avvocato Elio D’Aquino, ha chiesto nuovi elementi d’indagine con un duplice scopo: “Verificare l’effettiva conoscenza dei lavori in corso nella palazzina crollata, ma soprattutto verificare l’attendibilità della testimonianza chiave a carico di Lafranco, quella di Mario Menichini”.

LA PRECEDENTE CONDANNA DI MENICHINI. “A carico di Minichini esiste una sentenza passata in giudicato nel giugno 2017” racconta D’Aquino in aula. “Si tratta di una condanna a due anni di reclusione per calunnia: Minichini si era inventato un incidente a suo danno (giudicato come mai esistito, ndr) accusando una persona di omissione di soccorso”. Una sentenza che indebolirebbe la credibilità dell’uomo che accusa Lafranco.

I RAPPORTI TRA LAFRANCO E VELOTTO. Minichini nella sua testimonianza ha raccontato di precedenti rapporti tra Gerardo Velotto e Massimo Lafranco. Secondo l’uomo i due intrattenevano rapporti di natura commerciale relativamente alla compravendita di automobili. La difesa invece sostiene che questi rapporti non siano mai esistiti. “Nei tabulati telefonici ci sono in totale solo tre telefonate, di pochi secondi, intercorse tra i due: le prime due il 7 e l’8 giugno, l’altra il 4 luglio. Secondo l’accusa, in queste tre telefonate, Velotto e Lafranco avrebbero intrattenuto rapporti commerciali e raccontato dei lavori alla palazzina di via Rampa Nunziante. Non secondo la difesa, che punta ad acquisire nuovi elementi d’indagine.


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