Un balcone al primo piano che non doveva esserci. E’ questo il nodo focale su cui si è concentrata la parte più importante dell’udienza del 19 giugno sul crollo di Rampa Nunziante.

Nel corso del controesame effettuato a Francesco Gallo, i legali di Velotto, Giuseppe Della Monica e Camillo Tufano, si sono concentrati su alcune opere effettuate al primo piano della palazzina crollata il 7 luglio. La questione è legata alla trasformazione di due finestre in due porte da utilizzare poi per accedere ad un solaio da loro creato, stessa operazione ripetuta poi su un altro lato dell'appartamento. Sulla parete perimetrale sarebbero state inserite delle putrelle e poggiato un solaio che non doveva esserci, indebolendo, secondo gli avvocati, l’intero stabile. Un’ipotesi confermata da alcune dichiarazioni dello stesso Gallo, il quale, ha spiegato che “dopo l’apertura della finestra, sono stati fatti dei buchi nel muro perimetrale mettendo all’interno una trave di cemento di rinforzo per mantenere il solaio”. Un lavoro strutturale che secondo l’ipotesi percorsa dagli avvocati di Velotto, avrebbero indebolito la struttura dello stabile. Nel corso del controesame i legali hanno mostrato alcune foto che pubblichiamo in basso.

Le dichiarazioni rese da Gallo non coincidono con quelle del cognato Damiano Opòmia, ascoltato in aula successivamente. “Ho iniziato a lavorare nell’appartamento al primo piano assieme a mio cognato (Gallo, ndr) e quando siamo entrati per la prima volta all’interno ho notato che quel solaio era già esistente”.

Ristrutturazione e ampliamento del bagno attraverso l’abbattimento di due tramezzi, ricostruzione della rete elettrica e della pavimentazione. Questi i lavori effettuati da Gallo e Opòmia nell’appartamento di Marco Chiocchetti del primo piano: “Il direttore dei lavori Massimiliano Bonzani – ha spiegato Opòmia durante la deposizione - giungeva sul posto un paio di volte al giorno, dandoci le indicazioni sui  lavori da effettuare. Durante le ristrutturazioni sentivo parecchie lamentele, soprattutto da parte di Salvatore Iorio e Pina Aprea nei confronti degli operai che lavoravano al secondo piano, causati da “vibrazioni e rumori forti da martello pneumatico”.

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