“Traiamo insegnamento dai nostri avi. Dobbiamo compiere un gesto di fede memorabile, tanto da poter coinvolgere indistintamente tutti i cittadini. Vi chiedo di individuare, illuminati dallo Spirito Santo, un segno indimenticabile che possa far continuare nei secoli la fede che i nostri padri ci hanno tramandato. In questi giorni stiamo scrivendo una importante pagina di storia che ci accingiamo a lasciare ai posteri. Rendiamoci protagonisti, perché chi verrà dopo di noi possa, nel nostro esempio, così come è stato per noi, trovare un valido punto di riferimento per affrontare le ore più buie”.

Il parroco della chiesa della Santissima Trinità di via Gino Alfani Don Ciro Cozzolino, ha chiesto al rettore della basilica della Madonna della Neve Raffaele Russo e al sindaco di Torre Annunziata Vincenzo Ascione un gesto tangibile da consegnare ai cittadini, affinché non perdano la speranza in queste settimane difficili a causa dell’emergenza sanitaria del Coronavirus.

Una lettera che parte da lontano, da quando nell’ottobre del 1822 lo “Sterminator Vesevo” iniziò a farsi sentire con tutta la sua potenza. Dalla festa votiva dal 22 ottobre quando alcuni devoti, nonostante la paura, accorsero ai piedi della Vergine Bruna decidendo di portare in processione l'effige. “I fedeli si fermarono in piazza Cesaro dove l'oscurità delle tenebre fu rotta da un raggio di sole che baciò il volto della Vergine. Torre Annunziata era salva”.

Per quel prodigioso evento la città fece voto alla sua mamma celeste. Voto che ancora oggi viene perpetuato. “Oggi, la nostra amata città, la nostra cara Italia e il mondo intero sono flagellati da un nemico invisibile – ha scritto don Ciro nella lettera -. Viviamo momenti di profonda angoscia per la salute nostra e dei nostri cari e di incertezza per il futuro. I nostri padri furono mossi da una grande fiducia e dalla speranza di veder rifiorire la città. Oggi, come allora, questi tempi tristi ci chiedono di compiere un atto di fiducia in Dio. Un gesto tangibile da consegnare alle future generazioni. E' necessario che questi giorni, così drammatici, non vengano ricordati solo per le lacrime versate, le angosce provate o i flashmob fuori ai balconi, ma anche e soprattutto per gesti concreti di speranza. Abbiamo il dovere di lasciare ai nostri figli, ai nostri nipoti, lo stesso messaggio d'amore, fede e speranza tramandatoci dai nostri avi. Se ci lasciassimo sopraffare dalla paura, il voto fatto il 22 ottobre del 1822 perderebbe di significato. Abbiamo ancora la possibilità di non vanificare la forza della speranza dei nostri padri, dei nostri nonni. E' importante compiere, anche oggi, un segno forte di fede e di speranza”.


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