Il Salone internazionale del libro ha confermato il successo nazionale de “La fiamma spezzata”. Il primo giallo del giornalista Giovanni Taranto, pubblicato da Avagliano Editore, ha visto a Torino la sua consacrazione come una delle migliori rivelazioni del panorama del noir italiano.

Al Lingotto è andata benissimo. Il suo Capitano Giulio Mariani sta conquistando sempre più consensi.

Direi di sì. Il libro in soli sette mesi è alla terza tiratura. La prima, a marzo, andò esaurita in soli dodici giorni dall’uscita. Al Lingotto, nel foyer del centro congressi, ha voluto presentarci al pubblico Giulio Biino in persona, presidente del Circolo dei lettori di Torino, che è fra le colonne portanti del Salone.

Un attestato di grande stima e fiducia. Come fa un romanzo ambientato in pieno Vesuviano, e con tante citazioni nella nostra lingua locale, a conquistare tanti consensi ovunque, in tutta la Penisola?

Probabilmente per molti motivi differenti. La realtà delle nostre terre è affascinante, da sempre, e non sono certo io a scoprirlo nel campo del romanzo. Che si tratti delle piaghe che flagellano la nostra zona, o delle bellezze artistiche e naturali, tutto ha una forza di attrazione immensa. Senza contare poi la nostra filosofia, le nostre tradizioni. Ne “La fiamma spezzata” ho cercato di mettere tutto questo, e, evidentemente, piace.

Un giallo diverso, il suo. Per tante cose. Quanto ha influito la sua esperienza di cronista di nera?

Ovviamente tantissimo. “La fiamma spezzata” segue il filo della logica e dell’operatività di una indagine reale, che io ho appreso sul campo in oltre trenta anni di lavoro giornalistico. Il lettore si può sentire totalmente calato nella vera metodologia di una inchiesta dell’Arma. Potrà trovarsi a dover indagare accanto alla Pm Clara Di Fiore e al Capitano Mariani e agli uomini del Nucleo Operativo, vesuvianissimi, avendo sempre a disposizione tutti gli elementi che avranno loro.

Questo Capitano piace tanto. Forse soprattutto a chi è di queste zone, nonostante lui sia un romanaccio.

Giulio è un romano al comando di una Compagnia ai piedi del Vesuvio. E’ prassi, per l’Arma, inviare ufficiali in reparti lontani dal loro luogo di origine. E mi è piaciuto tratteggiare un personaggio che potesse fare allo stesso tempo da filtro e da tramite per il lettore. Se un fenomeno, un nostro modo di dire, pensare o vivere, viene spiegato a lui, automaticamente tutto arriva a chi legge, comprensibile anche al non Vesuviano. Fra l’altro, guardarci con gli occhi di Mariani, serve anche a noi che abbiamo radici qui sotto il vulcano: ci aiuta a vedere meglio ciò che di buono e di negativo abbiamo intorno, e che spesso abbiamo smesso di osservare con la dovuta attenzione.

Cosa sta piacendo tanto di questo Capitano?

Che è uno, in fondo, normale. Certo, nel suo campo è un ottimo professionista. Ma ha una vita uguale alla nostra. Una famiglia. I problemi di tutti. Scherza, si incazza, coglie nel segno o a volte sbaglia. Ma non molla. Gli affidano un cold case scottante, passatemi il gioco di parole, sulla sorte di un giovane carabiniere. E lui si trova con la classica patata bollente fra le mani, mentre allo stesso tempo deve fronteggiare tutte le emergenze di questo territorio: camorra, usura, tessuto sociale devastato e depauperato dei posti di lavoro. E senza gli aiuti della moderna tecnologia. Tutto è ambientato negli anni ’90, quando il fiuto e l’intuito del detective contavano molto di più.

Come sarà il dopo-Salone internazionale del libro?

Mariani ha un calendario fittissimo di impegni. Decine di presentazioni già fissate in tutta Italia, e altre se ne aggiungono ogni giorno: scuole, librerie, rassegne, festival, gruppi di lettura. Sembra che tutti non vedano l’ora di conoscerlo.

Finirà che lo trasferiranno a comandare qualche altra Compagnia, al Nord?

Non credo proprio: qui ha ancora molto, ma molto da fare.

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